La clemenza del Signore ha agito in modo meraviglioso, poiché Tommaso, con i suoi dubbi, mentre nel suo maestro toccava le ferite del corpo, guariva in noi le ferite dell'incredulità. (San Gregorio Magno)
Tommaso apostolo
Tommaso significa in aramaico «il gemello», per questo Giovanni lo chiama col nome greco «Didimo» (Gv 11,16; 20,24). I sinottici si accontentano di nominare Tommaso nell’elenco degli apostoli (Mt 10,3; Atti 1,13); invece Giovanni, il cui vangelo si diffonde sui diversi modi di «conoscenza» o di «non accettazione» del messaggio di Cristo, sembra dare una grande importanza alle sue reazioni nella vita quotidiana degli apostoli. Per questo egli considera Tommaso quasi come un simbolo della loro incredulità: Tommaso percepisce subito le difficoltà e i pericoli di un viaggio a Gerusalemme, ma non ne afferra il profondo significato (Gv 11,16); con il suo realismo non si entusiasma alle prospettive del discorso del Signore durante l’ultima Cena (Gv 14,1-6). Dopo la risurrezione pretende una conoscenza sperimentale e «carnale» del Cristo, quando si trattava di una conoscenza «spirituale», di fede (Gv 20,24-29). Ma alcuni giorni dopo si trova di nuovo in mezzo ai discepoli che avevano riconosciuto il Cristo risorto, e il suo riconoscimento di Gesù diviene una commossa professione di fede: «Signore mio e Dio mio» (Gv 20,28). La vita di Tommaso è un lungo itinerario che parte dal realismo umano e arriva alla conoscenza nello Spirito.
Dal Vangelo secondo Giovanni (20, 24-29)
Mio Signore e mio Dio!
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Dal Vangelo secondo Giovanni (20, 24-29)
Mio Signore e mio Dio!
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
L’ Apostolo incredulo
L’ Apostolo incredulo
Tommaso è sempre stato considerato come l’«Apostolo incredulo». Sì, è vero, egli ha dubitato! Ma non avremmo forse dubitato anche noi, se fossimo stati al suo posto?! Gesù più volte aveva predetto che sarebbe morto e poi risorto, ma era una cosa talmente incredibile…
Siamo così appesantiti dalla carne e dall’attaccamento alle realtà terrene, che abbiamo sempre bisogno di “vedere”, di “sentire”, di “toccare”, per poter credere a ciò che sfugge al nostro controllo…
Gli altri Apostoli videro, sentirono e toccarono, furono investiti dallo Spirito, e… credettero!
Ma, quando Gesù tornò e anche Tommaso poté vedere la sua Gloria di Risorto, l’apostolo “incredulo” proruppe in quel grido che ancora oggi ripetiamo nel cuore nel momento così solenne della Santa Messa, quando il Sacerdote eleva l’Ostia e il Calice: “Mio Signore e mio Dio!” “Mio”, per significare il suo incondizionato amore e la sua totale appartenenza a Gesù, che finalmente egli riconosce come Dio e Signore dell’Universo!
Siamo così appesantiti dalla carne e dall’attaccamento alle realtà terrene, che abbiamo sempre bisogno di “vedere”, di “sentire”, di “toccare”, per poter credere a ciò che sfugge al nostro controllo…
Gli altri Apostoli videro, sentirono e toccarono, furono investiti dallo Spirito, e… credettero!
Ma, quando Gesù tornò e anche Tommaso poté vedere la sua Gloria di Risorto, l’apostolo “incredulo” proruppe in quel grido che ancora oggi ripetiamo nel cuore nel momento così solenne della Santa Messa, quando il Sacerdote eleva l’Ostia e il Calice: “Mio Signore e mio Dio!” “Mio”, per significare il suo incondizionato amore e la sua totale appartenenza a Gesù, che finalmente egli riconosce come Dio e Signore dell’Universo!
Preghiera
Grazie, apostolo Tommaso, per la tua ardente professione di fede!
Fa’ che anche noi, ogni giorno, e non solo durante la Santa Messa, ci mettiamo in ginocchio ad adorare Gesù Crocifisso e Risorto, ripetendo all’infinito: “Mio Signore e mio Dio!”.
Tu sei mio, Gesù, e io sono tutta tua. Fa’ di me ciò che vuoi!
Fa’ che anche noi, ogni giorno, e non solo durante la Santa Messa, ci mettiamo in ginocchio ad adorare Gesù Crocifisso e Risorto, ripetendo all’infinito: “Mio Signore e mio Dio!”.
Tu sei mio, Gesù, e io sono tutta tua. Fa’ di me ciò che vuoi!