3 giugno - San Carlo Lwanga e compagni

Grado della Celebrazione: MEMORIA - Colore liturgico: ROSSO 
Nella loro vita e nella loro morte i martiri hanno rivelato la forza della croce, la forza di una fede più forte della paura, una vita che trionfa sulla morte, una speranza che illumina il futuro, e un amore che riconcilia i più acerrimi nemici.
 
Un martirio ecumenico
Solo qualche decina d’anni fa le giovani Chiese dell’Africa nera hanno avuto il loro «Battesimo» nel sangue dei loro primi martiri diventato, in breve, seme fecondo di cristiani. Tutti giovani e laici, Carlo Lwanga, Mattia Kalemba Mulumba, Andrea Kaggwa, e altri diciannove, sono i primi di quel centinaio di cristiani, tra cattolici e protestanti, vittime della persecuzione del vizioso re Mwanga in Uganda, nella regione dei grandi laghi. Dopo terribili torture il giovane Lwanga e dodici compagni morirono a Rwbaga il 3 giugno dei 1886; una parte degli altri caddero vittime il 26 maggio dello stesso anno e gli ultimi il 27 gennaio seguente, la maggior parte bruciati vivi. Canonizzati nel 1964.
Nel suo pellegrinaggio in Africa, nel 1969, il papa Paolo VI ha celebrato l’Eucaristia sulle urne dei martiri negri, rinnovando la tradizione di papa san Damaso che pontificava nelle catacombe presso i sepolcri dei martiri romani, e di san Cipriano sulle tombe dei santi di Cartagine. La Messa fa di noi un sacrificio perenne gradito al Padre e suscita in ogni tempo alte testimonianze di fede.

Dal vangelo secondo Matteo (10, 28-33)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!
Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».


La gloria dei martiri, segno di rinascita 
Dall'«Omelia per la canonizzazione dei martiri dell'Uganda» di Paolo VI

Questi martiri Africani aggiungono all'albo dei vittoriosi, qual è il Martirologio, una pagina tragica e magnifica, veramente degna di aggiungersi a quelle meravigliose dell'Africa antica, che no moderni, uomini di poca fede, pensavamo non potessero avere degno seguito mai più.
Chi poteva supporre, ad esempio, che alle commoventissime storie dei Martiri Scillitani, dei Martiri Cartaginesi, dei Martiri della «Massa candida» uticense, di cui sant'Agostino e Prudenzio ci hanno lasciato memoria, dei Martiri dell'Egitto, dei quali conserviamo l'elogio di san Giovanni Crisostomo, dei Martiri della persecuzione vandalica, si sarebbero aggiunte nuove storie non meno eroiche, non meno fulgenti, nei tempi nostri?
Chi poteva prevedere che alle grandi figure storiche dei Santi Martiri e Confessori Africani, quali Cipriano, Felicità e Perpetua e il sommo Agostino, avremmo un giorno associati i cari nomi di Carlo Lwanga, e di Mattia Mulumba Kalemba, con i loro venti compagni? E non vogliamo dimenticare altresì gli altri che, appartenendo alla confessione anglicana, hanno affrontato la morte per il nome di Cristo.
Questi Martiri Africani aprono una nuova epoca; oh! non vogliamo pensare di persecuzioni e di contrasti religiosi, ma di rigenerazione cristiana e civile. L'Africa, bagnata dal sangue di questi Martiri, primi dell'era nuova (oh, Dio voglia che siano gli ultimi, tanto il loro olocausto è grande e prezioso!), risorge libera e redenta. La tragedia, che li ha divorati, è talmente inaudita ed espressiva, da offrire elementi rappresentativi sufficienti per la formazione morale d`un popolo nuovo, per la fondazione d'una nuova tradizione spirituale, per simboleggiare e per promuovere il trapasso da una civiltà primitiva, non priva di ottimi valori umani, ma inquinata ed inferma e quasi schiava di se stessa, ad una civiltà aperta alle espressioni superiori dello spirito e alle forme superiori della socialità.

Preghiera
O Dio, che nel sangue dei martiri hai posto il seme di nuovi cristiani, concedi che il mistico campo della Chiesa, fecondato dal sacrificio di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni, produca una mèsse sempre più abbondante, a gloria del tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.