Grado della Celebrazione: DOMENICA - Colore liturgico: VERDE
Gesù, che ha avuto compassione della vedova di Nain, ci ricorda che non siamo creati per la morte ma per la risurrezione e la vita.
Gesù, che ha avuto compassione della vedova di Nain, ci ricorda che non siamo creati per la morte ma per la risurrezione e la vita.
Cristo vince la morte.
Incontrando il corteo funebre, Gesù, che si trova sul suo tragitto, è commosso dal pianto inconsolabile della madre.
“Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: Non piangere”. Due parole vere, di consolazione umana, che scaturiscono dal cuore colmo di misericordia dell’Uomo-Dio. Quale fiducia ci deve dare l’amore del Signore! Davanti alla nostra lotta per essere cristiani migliori, nella quale noi commetteremo talvolta degli errori e dei peccati, se questi ci fanno soffrire - come soffriva il cuore di quella madre -, il Signore avrà anche per noi misericordia. Dal canto nostro, dobbiamo imparare a guardarci intorno e ad accogliere le chiamate che Dio ci manda attraverso il nostro prossimo. Non possiamo vivere rinchiusi negli stretti limiti dell’egoismo, voltando le spalle alle situazioni di molte persone che hanno bisogno del nostro aiuto.
Il giovane si alzò, e il suo corpo che era divenuto cadavere sentì che la vita scorreva nuovamente nelle sue vene. Capiterà lo stesso molto spesso nell’apostolato, perché il Signore è sempre disposto a rifare miracoli come quello di Nain: anime che “risusciteranno” alla vita cristiana. Quando Cristo passa tra gli uomini, se lo sappiamo portare con noi, molti occhi vedono di nuovo, molte orecchie ascoltano la parola di Dio e anime morte rinascono a una vita nuova per mezzo del sacramento della penitenza.
Dal Vangelo secondo Luca (7, 11-17)
Ragazzo, dico a te, alzati!
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo».
Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Gesù c'invita ad andare oltre
Commento di Paolo Curtaz
Figlio unico di madre vedova: esiste forse una situazione più tragica, un dolore più devastante? Alla fatica del perdere l'amato compagno e di trovarsi nella fragile situazione sociale della vedovanza, a questa donna la morte toglie l'unica risorsa, l'unico figlio. Gesù vede la scena e ne resta turbato, patisce insieme, condivide il dolore e compie il miracolo: il bambino viene restituito alla madre vivo. La compassione di Gesù scuote l'evangelista Luca, la tenerezza del Rabbì, che pure Luca non ha conosciuto, ha cambiato il suo cuore.
Dio – dunque – prova dolore per il nostro dolore, dona vita alla nostra morte, si accosta alla bara dei nostri fallimenti e del nostro sconforto, e ridona vita. Perché allora, Signore, troppe volte vediamo vedove non consolate, figli non restituiti, tombe che rinchiudono la speranza degli uomini? È un mistero che ci opprime e ci rende silenziosi, un dubbio che dobbiamo affrontare con la fede del centurione, certi che il Dio a cui ci rivolgiamo ha compassione e dona vita, anche se non nei tempi e nei modi che pensiamo essere giusti. Ma ci fidiamo, Signore, tu che hai voluto sperimentare la morte, tu che sei stato spazzato via dalla violenza per poter condividere in tutto, eccetto la tenebra del peccato, la nostra condizione di uomini. Tu hai compassione Signore, tu patisci con noi, non come un Dio perfetto e lontano, immutabile e distaccato, ma come il compagno di viaggio coinvolto e compassionevole, che ci invita ad andare oltre, a guardare altrove, a non ragionare solo con categorie umane: esiste una morte più fredda della morte ed è la solitudine e l'abisso del cuore, esiste una vita più gioiosa della vita, ed è lo scoprire il volto di un Dio amico.
Oggi, amici, diventiamo testimoni del Maestro che ama la vita, nelle parole, nel sorriso, nella disponibilità, restituiamo soffio a ciò che ormai giace nella rigidezza delle troppe morti che la nostra contemporaneità genera.
Preghiera
A ciò che è senza vita, Signore, dona forza e vitalità, a chi è senza speranza, spezzato dal dolore, fa' scoprire il tuo volto compassionevole; a chi chiami tuo discepolo, dona la trasparenza del dare fiducia a chi incontreremo oggi, Dio che ami la vita.
Ragazzo, dico a te, alzati!
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo».
Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Gesù c'invita ad andare oltre
Commento di Paolo Curtaz
Figlio unico di madre vedova: esiste forse una situazione più tragica, un dolore più devastante? Alla fatica del perdere l'amato compagno e di trovarsi nella fragile situazione sociale della vedovanza, a questa donna la morte toglie l'unica risorsa, l'unico figlio. Gesù vede la scena e ne resta turbato, patisce insieme, condivide il dolore e compie il miracolo: il bambino viene restituito alla madre vivo. La compassione di Gesù scuote l'evangelista Luca, la tenerezza del Rabbì, che pure Luca non ha conosciuto, ha cambiato il suo cuore.
Dio – dunque – prova dolore per il nostro dolore, dona vita alla nostra morte, si accosta alla bara dei nostri fallimenti e del nostro sconforto, e ridona vita. Perché allora, Signore, troppe volte vediamo vedove non consolate, figli non restituiti, tombe che rinchiudono la speranza degli uomini? È un mistero che ci opprime e ci rende silenziosi, un dubbio che dobbiamo affrontare con la fede del centurione, certi che il Dio a cui ci rivolgiamo ha compassione e dona vita, anche se non nei tempi e nei modi che pensiamo essere giusti. Ma ci fidiamo, Signore, tu che hai voluto sperimentare la morte, tu che sei stato spazzato via dalla violenza per poter condividere in tutto, eccetto la tenebra del peccato, la nostra condizione di uomini. Tu hai compassione Signore, tu patisci con noi, non come un Dio perfetto e lontano, immutabile e distaccato, ma come il compagno di viaggio coinvolto e compassionevole, che ci invita ad andare oltre, a guardare altrove, a non ragionare solo con categorie umane: esiste una morte più fredda della morte ed è la solitudine e l'abisso del cuore, esiste una vita più gioiosa della vita, ed è lo scoprire il volto di un Dio amico.
Oggi, amici, diventiamo testimoni del Maestro che ama la vita, nelle parole, nel sorriso, nella disponibilità, restituiamo soffio a ciò che ormai giace nella rigidezza delle troppe morti che la nostra contemporaneità genera.
Preghiera
A ciò che è senza vita, Signore, dona forza e vitalità, a chi è senza speranza, spezzato dal dolore, fa' scoprire il tuo volto compassionevole; a chi chiami tuo discepolo, dona la trasparenza del dare fiducia a chi incontreremo oggi, Dio che ami la vita.