Non appoggiarti alle tue forze, ma salda la tua speranza in Dio: se farai tutto quanto sta in te, Iddio aderirà al tuo buon volere. Non confidare nel sapere tuo o nella capacità di un uomo purchessia, ma piuttosto nella grazia di Dio, che sostiene gli umili e atterra i presuntuosi. (T. da Kempis)
La scelta dell'ultimo posto
La morte di Cristo ci presenta un Dio «nuovo», un Dio la cui sapienza appare imprevedibile e impensabile, così lontana dalla sapienza umana da essere là dove nessuno penserebbe di trovarla. L’inizio della vera sapienza, ci dice colui che scruta i pensieri di Dio, comincia dal riconoscimento che la fonte della verità non è in ciò che l’uomo sperimenta o desidera spontaneamente. Dio trae la gloria non dai potenti ma dai deboli, avvolge nel dubbio e nel mistero chi presume oltre le sue possibilità.
Solo Dio conosce nel segreto ogni cuore e può rivelargli il mistero di verità che porta in se stesso. Quando l’uomo comincia a riconoscere i limiti della propria ricerca, l’incertezza o l’insicurezza delle proprie conclusioni, l’insuccesso delle sue fatiche, è disposto a ricevere la sapienza che Dio vuole rivelargli.
Gesù è la sapienza di Dio. Il suo insegnamento è nuovo e sconvolgente. Un capo dei farisei invita Gesù ed egli accetta di partecipare ad uno di quei banchetti in cui i saggi del tempo si radunavano per conversazioni brillanti sopra una virtù o un grande personaggio del passato. Ma Gesù non sta al gioco e denuncia la «regola» dell’arrivismo e dell’interesse, parlando di virtù sconosciute: l’umiltà che sceglie l’ultimo posto, l’amore gratuito che sceglie gli ultimi.
Dal Vangelo secondo Luca (14,1.7-14)
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
La morte di Cristo ci presenta un Dio «nuovo», un Dio la cui sapienza appare imprevedibile e impensabile, così lontana dalla sapienza umana da essere là dove nessuno penserebbe di trovarla. L’inizio della vera sapienza, ci dice colui che scruta i pensieri di Dio, comincia dal riconoscimento che la fonte della verità non è in ciò che l’uomo sperimenta o desidera spontaneamente. Dio trae la gloria non dai potenti ma dai deboli, avvolge nel dubbio e nel mistero chi presume oltre le sue possibilità.
Solo Dio conosce nel segreto ogni cuore e può rivelargli il mistero di verità che porta in se stesso. Quando l’uomo comincia a riconoscere i limiti della propria ricerca, l’incertezza o l’insicurezza delle proprie conclusioni, l’insuccesso delle sue fatiche, è disposto a ricevere la sapienza che Dio vuole rivelargli.
Gesù è la sapienza di Dio. Il suo insegnamento è nuovo e sconvolgente. Un capo dei farisei invita Gesù ed egli accetta di partecipare ad uno di quei banchetti in cui i saggi del tempo si radunavano per conversazioni brillanti sopra una virtù o un grande personaggio del passato. Ma Gesù non sta al gioco e denuncia la «regola» dell’arrivismo e dell’interesse, parlando di virtù sconosciute: l’umiltà che sceglie l’ultimo posto, l’amore gratuito che sceglie gli ultimi.
Dal Vangelo secondo Luca (14,1.7-14)
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
L’unica via è l’umiltà
Da una lettera di sant'Agostino (118, 22)
«A Cristo, caro Dioscoro, vorrei che ti assoggettassi con la più profonda pietà e che, nel tendere alla verità e nel raggiungerla, non ti aprissi altra via che quella apertaci da lui il quale, essendo Dio, ha veduto la debolezza dei nostri passi.
La prima via è l'umiltà, la seconda è l'umiltà e la terza è ancora l'umiltà: e ogni qualvolta tornassi a interrogarmi, ti risponderei sempre così. Non perché non ci siano altri precetti degni d'essere menzionati, ma perché la superbia ci strapperà senz'altro di mano tutto il merito del bene di cui ci rallegriamo, se l'umiltà non precede, accompagna e segue tutte le nostre buone azioni in modo che l'anteponiamo per averla di mira, la poniamo accanto per appoggiarci ad essa, ci sottoponiamo ad essa perché reprima il nostro orgoglio. Poiché tutti gli altri vizi sono da temersi nelle azioni colpevoli; la superbia invece deve temersi anche nelle azioni buone, poiché le azioni per sé degne di lode vanno perdute se ispirate dall'amore della stessa lode»
Preghiera
di Madeleine Delbrel
Nella mia comunità, Signore, aiutami ad amare, ad essere come il filo di un vestito. Esso tiene insieme i vari pezzi e nessuno lo vede se non il sarto che ce l'ha messo. Tu Signore, mio sarto, sarto della comunità, rendimi capace di essere nel mondo servendo con umiltà, perché se il filo si vede, tutto è riuscito male. Rendimi amore in questa tua Chiesa, perché è l'amore che tiene insieme i vari pezzi.